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venerdì 13 aprile 2012

Splendori e miserie del gioco del calcio

Nei "giorni del fango" per il nostro calcio nazionale e, purtroppo, per il calcio leccese, a causa - sembra - di oscuri faccendieri legati in qualche modo alla politica locale, mi piace tornare con la mente ai miei ricordi di "pulcino" e alle mie letture di Galeano, grande scrittore sudamericano, appassionato di un calcio fatto di vera passione. Riporto qui sotto un piccolo stralcio della sua prosa vivace.

Eduardo Galeano ad Alessano nel 2008
"La storia del calcio è un triste viaggio dal piacere al dovere. A mano a mano che lo sport si è fatto industria, è andato perdendo la bellezza che nasce dall'allegria di giocare per giocare. In questo mondo di fine secolo, il calcio professionistico condanna ciò che è inutile, ed è inutile ciò che non rende. E a nessuno porta guadagno quella follia che rende l'uomo bambino per un attimo, lo fa giocare come gioca il bambino con il palloncino o come gioca il gatto col gomitolo di lana. Il gioco si è trasformato in spettacolo, con molti protagonisti e pochi spettatori, calcio da guardare, e lo spettacolo si è trasformato in uno degli affari più lucrosi del mondo, che non si organizza per giocare ma per impedire che si giochi. La tecnocrazia dello sport professionistico ha imposto un calcio di pura velocità e forza, che rinuncia all'allegria, che atrofizza la fantasia e proibisce il coraggio. Per fortuna appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l'arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia contro l'avventura proibita della libertà" da "Splendori e miserie del gioco del calcio" (1997) .

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