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giovedì 28 febbraio 2013

Democrack

Rubo un titolo al Manifesto, perchè più di ogni altro commento rende l'idea del tracollo del PD. Dopo la vuota euforia mediatica delle primarie, che pure avevano dato un prezioso segnale a Bersani, nessuna delle aspettative di quell'elettorato si è realizzata e il partito è rimasto paralizzato in una posizione attendista e insipida, che oggi bordeggiava con Monti, domani con Sel.

I numeri parlano da soli: i 12 milioni di voti raccolti dal PD nel 2008 si sono ridotti ad 8,6 nel 2013. Un elettore su quattro ha abbandonato il PD. Questo è il segno che non si è tenuto conto né della ventata di rinnovamento dei vertici richiesta da Renzi, né della richiesta di spostamento del'asse a sinistra richiesta dagli elettori di Vendola. Bersani fa peggio di Veltroni e addirittura di Rutelli. Senza una piattaforma chiara, una grossa fetta di elettorato del PD si è rifugiato nel voto a cinque stelle. In Puglia il PD perde il 14% dei voti rispetto al 2008. Gli elettori hanno visto nelle mani del PD la "pistola fumante" delle draconiane ed ingiuste riforme di Monti.

Un  pasticcio insomma. Ci sarebbero sufficienti motivi per dimettersi, ma invece Bersani nicchia e non decide. Se i numeri hanno un senso, il partito è in ginocchio, ma proprio a Bersani bisogna affidare il compito di esplorare il campo per trovare una soluzione alla crisi. Dovremo affidare al taglialegna la cura del bosco. Paradossi italiani.

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